Primo post da usare come riferimento, sull’argomento “circhi e zoo”.
Il motivo per cui noi, ma non solo noi, siamo contrari allo sfruttamento degli animali non domestici a scopo di spettacolo e “divertimento” (e denaro) è morale e sostenuto da evidenze scientifiche, alle quali sarà dedicato più di un post; quando saranno pubblicati li linkerò qui, intanto, la differenza tra circhi e zoo.
La foto qui sopra è una vecchia immagine presa allo zoo di Napoli. Quel tipo di zoo, con gabbie e cemento, almeno in occidente sta sparendo, sostituito dai “bioparchi” impostati seguendo questa legge.
A parte il discorso estetico del non vedere sbarre ma erba, alberi eccetera, il benessere animale è, nei limiti del possibile, rispettato, sia come etogramma che come socializzazione e biologia in generale, per quasi tutti gli animali, escluse poche specie.
Gli animali hanno molto più spazio, hanno a disposizione degli arricchimenti ambientali (diversivi, che li possano impegnare mentalmente, lo spazio non è nudo cemento) e degli angoli ciechi, per sottrarsi alla vista se vogliono, elemento fondamentale per evitare lo stress ed il conseguente sviluppo di nevrosi e aberrazioni comportamentali.

Certo nessun bioparco potrà mai dare agli animali più cognitivi le condizioni che avrebbero in libertà, e l’ideale sarebbe andarli a vedere a casa loro oppure su National Geographic channel, che è tra l’altro il modo di guardarli migliore: per un quarto d’ora di documentario ci sono voluti a volte mesi di riprese e per osservare il comportamento è l’ideale. Salvo avere molta fortuna infatti, difficilmente si vedranno gli animali fare le cose che si vedono fare in 10 minuti di documentario.
Però questo non è possibile e dato che per educare (sì, proprio educare) il contatto diretto è utile e importante, se invece di vedere sbarre e cemento si vedono gli animali in condizioni passabilmente simili a quelle naturali, passa meglio l’idea per cui noi siamo ospiti a casa loro ed è giusto rispettare, guardare e non interferire, tutte cose che le gabbie non insegnano (anzi, quelle insegnano che gli animali selvatici è normale tenerli come oggetti di curiosità a prescindere dal rispetto per la loro biologia, della quale non si vede proprio nulla). Molti bioparchi prevedono anche percorsi obbligati su mezzi non propri, con una guida che spiega e racconta info utili.

Infine, gli zoo o bioparchi che dir si voglia, sono utili a livello conservazionistico. Parecchio.
Questo non è un mondo perfetto e la caccia, la sistematica distruzione dei loro habitat, l’introduzione di alloctone eccetera, mettono in pericolo moltissime specie animali (quelle delle quali non si è già causata l’estinzione).
Moltissimi bioparchi sono l’ultima spiaggia per i pochi superstiti; sono “confederati” in una rete di realtà collegate tra loro, il DNA di tutti gli animali ospitati è noto e si studiano gli incroci in modo da mantenere la massima variabilità genetica possibile.
Diverse specie devono la loro esistenza solo agli individui mantenuti in cattività ed in molti casi dalle piccole popolazioni superstiti si è riusciti ad ottenere un incremento numerico tale da poter reintrodurre gli animali in natura. E’ il caso del Condor della California e di recente di una specie di testuggini delle Galapagos; e proprio “in casa” ed in questo periodo, del Bisonte europeo e dell’Ibis eremita, entrambi progetti ai quali partecipa anche l’Italia.
Insomma gli zoo sono oggi un “male necessario” da un lato, e dall’altro possono avvicinare nel modo corretto al selvatico.

Veniamo ai circhi.
Naturalmente non c’è nessun tipo di conservazionismo, gli accoppiamenti non sono studiati in base alla genetica, ma anzi il tasso di inbreeding (accoppiamento tra consanguinei), con tutti i problemi che comporta, è abbastanza alto, in parte per il basso numero di animali a disposizione, in parte per “comodità”.
Anche se gli animali sono curati, accuditi ed amati, conducono una vita aberrante per la loro biologia: a parte il vivere in spazi troppo ristretti, le trasferte sono uno stress enorme, gli spettacoli violano i ritmi circadiani, mancano le famose distanze, la possibilità di sottrarsi agli sguardi eccetera (anche se siete animali sociali non credo reggereste 10 anni chiusi in una stanza con delle persone, per capirci).
Va tenuto presente il fatto che non sono animali che hanno subito migliaia di anni di processo di domesticazione. Bastano le luci e la musica, negli anni, ad accumulare stress enormi.
Comunque, a parte poche specie completamente incompatibili con il circo (e anche con parte degli zoo), elefanti in testa, non sono animali che soffrono; in media se la passano decentemente, per un po’, stanno “bene”; nel senso che non è un processo istantaneo, il danno, fisico o mentale che sia, si manifesta negli anni e non sempre.
C’è di molto peggio insomma; il motivo che fa pendere l’ago della bilancia, è perché si fa, cioè soldi e spettacolo “d’attrazione”, non salvare vite.
La cultura e le tradizioni cambiano, non sono eterni, per fortuna: c’è un buon numero di tradizioni che sono finite e non le rimpiange nessuno, tipo i famosi e tradizionalissimi “giochi” circensi (…) dell’antica Roma, durati molti secoli, in cui la gente veniva data in pasto ai leoni, era squartata da cavalli o doveva ammazzarsi a vicenda; la ghigliottina, il diritto (solo maschile) di ripudiare le mogli o figli, il delitto d’onore eccetera. Non mi pare che ci sia qualcuno che rimpiange quelle tradizioni.
Non sto facendo paragoni con il circo, parlo del fatto che cultura e tradizioni non sono sempre automaticamente cose sacre, e che si sopravvive anche senza.
Oggi si parla di diritti umani: non si può fare quello che si vuole, con gli esseri umani.
Gli animalisti vorrebbero allargarli agli animali non umani, e pensano che ammaestrarli ed esibirli come oggetti da esposizione per mostrare l’abilità del loro addestratore, di solito munito di una pseudofrusta e vestito in modo quantomeno bizzarro, il tutto sotto luci e musica da fiera, siano forme di “cultura” e “tradizioni”, che nel terzo millennio sarebbe ora di archiviare, tutto qui.

A questo va aggiunto che, a differenza di quanto si vede in un bioparco, il circo non mette molto “a contatto con la natura” nemmeno prova a salvare le apparenze; elefanti in equilibrio su degli sgabelli mentre fanno roteare cerchi con la proboscide, cavalcati da tizie coperte di piume e lustrini, o tigri che saltano i cerchi, non sono molto naturali, ma in compenso i famosi bambini imparano che è normale, eticamente accettabile e pure divertente (se fai il bravo per premio ti porto al circo…) costringere degli animali a fare i clown che saltano sugli sgabelli e simili. Che rispetto imparano ad avere per gli esseri viventi? E cosa imparano sulla loro reale biologia?
Quello che sarà, e che farà, la prossima generazione, è responsabilità della nostra.
Purtroppo noi non abbiamo ricevuto, in media, un buon insegnamento, dalla precedente generazione, e le conseguenze si vedono; ma i progressi ci sono: la civiltà comunque avanza, inarrestabile.
Vorrei ricordare anche di tenere sempre ben presente una cosa: quando vedete foto di leoni e tigri felici intenti in atteggiamenti affettuosi con delle persone, li vedete in quel momento: dove passano il resto delle loro 24 ore?
Il fatto che siano contenti in quel momento non significa che siano felici: quando i cani chiusi in dei box nei canili vedono i volontari, fanno loro un sacco di feste, proprio perché sperano in qualche momento di interazione e attività. Le feste che fanno significano che nei canili i cani stanno benone?
Ultima cosa: si vedono sempre e solo animali in ottime condizioni; sarà che quelli in cattive condizioni forse non li espongono? Un animale malato o nevrotico di certo non lo fanno esibire, e nemmeno lo mostrano al pubblico. Quindi gli animali (e le foto) che si vedono, hanno valore nullo, come testimonianza.
Morale della lunga dissertazione (se siete arrivati a leggerla siete degli eroi): mettere nella stessa pentola circhi e zoo è una cosa che si può fare se si è ignoranti o in malafede.

In foto, alcune tecniche didattiche per avvicinare i bambini alla natura ed insegnar loro a conoscere gli animali.
A sinistra in foto, dall’alto in basso, due bioparchi; nell’ultima immagine, dei bambini che osservano degli animali selvatici liberati da un CRAS.
Si parla di mettere giustamente i bambini a contatto con la natura e di insegnar loro a conoscerla, cosa necessaria a rispettarla; è una cosa importantissima.
Allo scopo direi che tra un bioparco, dove si guarda e basta, in un ambiente passabilmente simile a quello naturale, ed un circo dove si vedono animali ammaestrati, in un ambiente che di naturale non ha nulla, mentre fanno cose “fantastiche” agli ordini di tizi vestiti in modo improbabile, sotto dei riflettori, rispetto a parte, il messaggio che passa non è lo stesso.
Quale dei due modi passerà il messaggio per cui gli animali selvatici vanno rispettati e quale invece quello per cui sono tutti a nostra disposizione e noi padroni che fanno quello che vogliono degli “inferiori”?
Ma forse il mio dubbio è dovuto alla mia ignoranza in pedagogia.